L’UNCEM, l’Unione Nazionale Comuni Comunità Enti Montani è l’organizzazione che da oltre sessanta anni rappresenta i comuni interamente e parzialmente montani, le comunità montane e le Unioni di Comuni montani, associa varie amministrazioni ed enti come le Province, Consorzi, Camere Commercio che operano in montagna, che rappresentano il 54% del territorio italiano dove risiedono oltre 10 milioni di abitanti.
Marco Bussone, lei è stato confermato Presidente nazionale dell’UNCEM ed ha, quindi, un’ampia visione delle problematicità delle aree montane.
Secondo lei come hanno affrontato e risposto alla pandemia i Comuni e gli Enti territoriali montani? Quali sono stati i punti critici che sono emersi nel corso della pandemia e cosa ci ha insegnato?
Nel corso del 2020 e ancora negli ultimi mesi, montagna, aree interne, piccoli Comuni sono stati al centro di una serie di interventi, progetti, notizie che hanno acceso molti riflettori su come è fatta l’Italia vera. Che all’85% è territorio rurale, interno, montano. Occorre però evitare semplificazioni, posizioni ideologiche, semplice demagogia. Perché nella storia moderna del Paese di montagna si è parlato poco, ma le montagne sono sempre esistite. E come nella pandemia, i Comuni montani hanno sempre saputo dare risposte complesse a problemi complessi, in modo diverso dalle aree urbane. Anche sulla pandemia, che ha colpito peraltro in modo duro e drammatico molte valli alpine, in particolare nella prima fase in Lombardia, sappiamo che i Comuni montani hanno messo in campo le forze migliori delle comunità, unendo istanze pubbliche e iniziative delle Amministrazioni di supporto alla popolazione, a azioni del volontariato organizzato e delle imprese. La coesione delle comunità le ha in molti casi protette dal contagio e anche dall’abbandono, dalla fragilità e dall’alienazione dei lockdown.
Quali proposte ha promosso l’UNCEM nel Pnrr per la difesa e sostegno delle “terre alte” e con quali risultati?
Lavoriamo sul PNRR dalla prima Conferenza interministeriale degli Affari europei che si è occupata di Next Generation EU, il 27 luglio 2020. Abbiamo mappato le esigenze dei territori, senza fare elenchi della spesa e sempre spiegando ai Comuni che il PNRR non è un bancomat e non è un Fondo di coesione. Dobbiamo agire ora per attuare le positive misure inserite nel PNRR, come il Piano dei borghi e la Strategia delle Green Communities, per dirne due. Dobbiamo aiutare gli Enti a lavorare insieme per definire progetti efficaci, cantierabili, in tempi rapidi, con una gestione amministrativa coerente alle regole europee del Piano. Non è semplice e non è un lavoro di lobby. Rafforzare i Comuni vuol dire permettere loro di stare nelle opportunità europee del PNRR e anche della nuova Programmazione comunitaria, incrociando le sfide del cambiamento climatico, della transizione ecologica ed energetica, del passaggio a una digitalizzazione vera dei processi per PA e cittadini. Un lavoro devo dire enorme, ma che può trasformare il sistema degli Enti locali montani rendendolo più efficace e a prova di futuro.
La montagna vive ed è abitata se ci sono servizi efficienti come trasporti, sanità e assistenza sociale, scuole, connessioni con banda larga, ecc.Che cosa è stato messo in campo dalla Legge 158? Ci sono le linee guida applicative?
La legge 158 del 2917 sui piccoli Comuni è arrivata dopo 15 anni di gestazione e fatiche parlamentari, tra troppi tira e molla tra i rami del Parlamento e i Governi. Ci hanno creduto tanti Parlamentari, in primo luogo Ermete Realacci ed Enrico Borghi, che è anche stato Presidente Uncem per 18 anni, prima di me. La legge è in fase di attuazione. Arriva a breve il Piano per lo sviluppo dei piccoli Comuni, dotato di 160 milioni di euro. Già molti articoli sono attuati, senza regolamenti o decreti. Mi riferisco a quello su Poste, grazie all’accordo fatto nel 2018 con l’azienda, Anci, Uncem, benedetto dal Parlamento, per rafforzare uffici e servizi, bloccando la smobilitazione che prima della 158 era stata avviata. Poi anche il lavoro con Film Commission delle regioni e con le Confessioni religiose. Attuare le leggi non è semplice. La strada intrapresa è buona e la 158 è alla base del lavoro da fare su PNRR, modifica imminente del Testo unico degli Enti locali, riorganizzazione del sistema degli Enti locali, spingendo i Comuni a lavorare insieme come prevede l’articolo 13 della stessa legge 158.
Le aree montane, come la Provincia di Belluno, hanno indici di anzianità preoccupante con l’abbandono delle giovani generazioni. Come e con quali strumenti si può stimolare in montagna la nascita di nuove start-up di giovani e frenare la fuga dal territorio dove sono nati?
Riorganizzando i servizi pubblici, scuole, trasporti, sanità, e puntando su opportunità di sviluppo sociali ed economiche. Le due cose vanno insieme e parallele sempre. Senza servizi, penso agli asili nido, nelle valli, le famiglie se ne vanno. Così come se manca la certezza di prestazioni sanitarie efficace, in particolare per terza età. La pandemia ha fatto esplodere queste esigenze e anche delle paure che la Politica, le istituzioni, devono limitare. Nuove aziende si insediano se trovano misure fiscali differenziate, non solo all’inizio della loro storia o a tempo. Vi sono poi Regioni che recentemente hanno immaginato percorsi per finanziare quelle coppie e famiglie che scelgono di trasferirsi sui territori, trasferendo la residenza per almeno 10 anni. Sono delle iniziative positive che si devono unire alla necessità di riorganizzare i servizi alle comunità.
Lei ha recentemente guidato la Giunta dell’UNCEM all’incontro con Il ministro per gli Affari regionali e le Autonomie, Mariastella Gelmini. Le necessità e i bisogni delle “terre alte” sono rapidamente cambiate. Si è discusso sulla necessità di una nuova legge sulla montagna?
Un ottimo incontro. Come quelli che ho avuto con i predecessori, Erika Stefani e Francesco Boccia. Un confronto e un dialogo politico fattivo e di visione. Una legge per la montagna può servire, deve essere fatta in stretto accordo con Regioni ed Enti locali. Per effetto di sentenze della Corte Costituzionale, la montagna è un tema “regionale”. Ma servono cornici per l’azione che arrivino dai Ministeri. E in diversi dicasteri romani ho visto un cambio di passo sui temi che portiamo ai tavoli. A partire da Istruzione, Digitalizzazione, Salute. Dobbiamo incidere e dare risposte durature a chi vive e che vuole vivere nei territori. Questo Gelmini lo sa e l’aumento del fondo per la montagna, in legge di bilancio 2022, portato a 100 milioni, è un buon segnale. Queste risorse, come ha detto il Presidente Draghi, devono andare interamente ai Comuni.
Il prossimo 11 dicembre ci sarà la “Giornata internazionale della montagna”, ritiene che entro quella data si potrà contare su un Fondo unico per la montagna più congruo e di più semplice utilizzo?
Al momento 100 milioni per il 2022, di fondo per le montagne, sono scritti in legge di bilancio. Saranno 200 dal 2023. Ora occorre definire bene come spenderli. E devono andare agli Enti locali, ai Comuni per progetti seri ed efficaci non campanilisti, gestiti sulle valli. Il Fondo montagna è utile insieme ad altre risorse e politiche che il Capo dello Stato ha sempre chiesto alla Politica di mettere in campo.
I territori montani esprimono eccellenze agroalimentari e artigianali. Cosa sta facendo l’UNCEM per la loro promozione?
Ci sono valli con distretti artigianali e manifatturieri che competono nel mondo. Nel Bellunese e non solo. Devono crescere. Un modello fiscale ad hoc è utile e decisivo. Promuovere artigianato e qualità delle imprese vuol dire portare loro digitalizzazione, infrastrutture digitali dove oggi ancora sono carenti. Vuol dire agire sulla leva fiscale e sulla formazione nelle scuole di persone, donne e uomini, capaci di tenere in vita quel sistema economico. Agricoltura, turismo, artigianato, sono tre assi di impegno che gli Enti locali devono avere. Abbattendo anche muri che oggi non sempre mettono in dialogo il sistema pubblico con le imprese. Dobbiamo lavorarci. Conoscenza delle sfide, reciproca, e dialogo sono importanti. Anche grazie al rapporto con le Datoriali che Uncem ha sempre coltivato e continuerà a far crescere.
Ci stiamo avvicinando a Natale non ritiene che l’UNCEM, che non ha fondi dedicati, potrebbe chiedere agli Enti preposti una campagna di promozione di questi prodotti per i regali, così come per le ferie natalizie in questi territori?
Da sempre sosteniamo che “comprare in valle”, tenga in vita i territori, le imprese, i Comuni. Non è retorica. E neanche un appello che cade dall’alto. Ci crediamo. A Natale, come a Ferragosto o a Pasqua. Ci sono anche delle belle piattaforme di e-commerce capaci di aggregare diversi Comuni, diversi territori e raccontare il territorio. “Lo compro on line” e poi vado a scoprirlo. Una buona regola. Come quella che affidiamo a sciatori, escursionisti, ciclisti. Fermatevi in quel ristorante, bar, negozio. Non portate tutto da casa. Scegliete di spendere sul territorio. Non un gesto consumistico. Bensì un gesto sociale, di supporto alla vitalità imprenditoriale ed economica di quell’area, di quel villaggio. Anche a Natale per i regali. Semplici, ma di territorio.
Nel 2026, come lei sa, Cortina e Milano ospiteranno le Olimpiadi invernali. L’UNCEM è stato coinvolto in questo evento?
Sono coinvolti molti Enti locali e mi auguro lo siano di più. Ho vissuto la vigilia e la costruzione di Torino 2006. Quando si doveva definire un nuovo rapporto tra montagne e città. Non si è compiuto allora. Oggi si faccia tesoro di quei messaggi di vent’anni fa. Il problema non è cosa faranno Milano o Cortina. Loro hanno traiettorie di sviluppo ben chiare, impostate. Mentre il nodo è definire cosa fa e quale sia il futuro “di chi sta in mezzo”, delle valli, della relazione tra montagne, comunità, e città. È un tema “metromontano” decisivo per il Paese, per la coesione dell’Italia. Un tema politico più che sportivo o organizzativo. Le Olimpiadi devono spingere a costruire legami, un patto nuovo tra aree urbane e montane che è moderno e urgente. Uncem farà la sua parte in questa direzione.
E.C