MERCATO DEL LAVORO IN UNA FASE POSITIVA. L’ARTIGIANATO VENETO CREA VALORE. FORMAZIONE PER ULTERIORI COMPETENZE E CONOSCENZE.
Assessore Elena Donazzan, lei sta seguendo da tempo le crisi aziendali dell’Acc e Ideal Standard di Borgo Valbelluna e ha voluto manifestare la vicinanza della Regione ai lavoratori e alle lavoratrici partecipando alla mobilitazione che si è tenuta a Mel. La partecipazione di un migliaio di persone, la presenza di numerose autorità, ai vari livelli, con i Vescovi di Vittorio Veneto e Belluno – Feltre, sono state segno evidente della drammaticità in cui si trovano oltre 700 dipendenti.
Ritiene che ci siano ancora gli spazi e i tempi per salvare queste due aziende storiche che hanno segnato lo sviluppo della Sinistra Piave?
Certamente! Sono due aziende con alcune caratteristiche particolarmente interessanti per il mercato: si occupano di settori strategici e in crescita, l’una produce la parte nobile dell’elettrodomestico frigorifero, l’altra fa sanitari che soprattutto in questo periodo di politiche pubbliche di incentivi sul rinnovo degli arredi sta crescendo: hanno entrambe una qualità di capitale umano eccellente a detta degli esperti, con un formidabile attaccamento al lavoro e alla propria azienda. Le due aziende hanno un potenziale alto di interesse: purtroppo per ACC il danno è stato fatto da una multinazionale cinese che ha depauperato il perimetro, e dalla politica che con un atteggiamento incerto e discontinuo ha generato ulteriore incertezza. Per entrambe, mentre rispondo, vi sono manifestazioni di interesse.
Come sta reagendo il mercato del lavoro nel Veneto alla ripresa delle attività produttive? Quali son i settori più attrattivi e in quali non ci sono maestranze a sufficienza?
Il mercato del lavoro veneto sta attraversando una fase positiva, iniziata la scorsa primavera con la graduale riapertura delle attività e rafforzatasi in estate grazie a una stagione turistica che seppur partita in ritardo si è protratta oltre il periodo abituale. Con evidenti ricadute anche sul fronte occupazionale. Finora il 2021 ha fatto registrare una crescita di 52.600 posti di lavoro, più di quelli guadagnati nello stesso periodo del 2019 (+51.200), e negli ultimi mesi anche le assunzioni hanno raggiunto e superato i livelli di due anni, grazie anche a un contesto economico visto in miglioramento. Commercio e turismo sono tra i settori che stanno beneficiando maggiormente di questa ripresa, ma sono anche quelli che hanno sofferto di più lungo tutto l’arco della crisi. Altri settori, come macchine elettriche, chimica e plastica, istruzione e servizi sanitari hanno mantenuto un andamento positivo più costante nell’arco dell’anno. Certo, molto dipenderà dall’evolversi della pandemia. Eventuali nuove chiusure o restrizioni finirebbero per incidere inevitabilmente anche sui livelli occupazionali.
Come vede lo “stato di salute” dell’artigianato Veneto?
La grande capacità di adattamento, l’innovazione – anche se non certificata o codificata – tipicamente veneta e di questo mondo e l’essere un pezzo fondamentale delle filiere di produzione, rendono il nostro mondo dell’artigianato capace di generare valore. Certo, una parte di questo, quello artistico e di maggiore pregio, ha subito e subisce l’aggressività della concorrenza sleale cinese: penso al vetro o ai laboratori del settore della moda. Oggi questo mondo deve puntare ad accompagnare gli imprenditori che vogliono lasciare, e che non hanno tra i propri famigliari la continuità per salvaguardare il patrimonio materiale ed immateriale rappresentato da questo settore. Auspico, inoltre, una sempre maggiore presenza dell’artigianato, ma soprattutto degli artigiani più ambiziosi e illuminati dentro il sistema degli ITS-Academy del Veneto.
La pandemia ha accelerato l’evoluzione di alcuni processi lavorativi e le nuove indicazioni verso una transizione più ecologica porteranno alla necessità di riqualificazioni professionali e alla formazione di nuove figure da inserire nel mondo del lavoro. La Regione Veneto sta valutando delle azioni nel merito?
Il mercato del lavoro è sempre più esigente perché la pandemia ha avuto la funzione di un poderoso acceleratore tecnologico e sociale: ecco perché i nostri lavoratori di oggi e quelli che usciranno dal sistema di istruzione e formazione del prossimo futuro non possono che avere ulteriori competenze e conoscenze. Digitalizzazione, riorganizzazione dei sistemi di produzione di organizzazione del lavoro, della logistica, internazionalizzazione: sono solo alcune tematiche che si devono tradurre in formazione, sempre e per tutti. Abbiamo però tutti gli strumenti di conoscenza del sistema, soprattutto in Veneto: possiamo contare su un sistema integrato di istruzione/formazione e dei servizi per il lavoro più efficienti, e abbiamo un dialogo aperto con le parti sociali e moltissime risorse a disposizione (Programmazione europea del FSE+, il Piano Nuove Competenze e Garanzia per l’Occupabilità). Queste ultime, che sono programmi nazionali di derivazione dal PNRR, parlano veneto, perché abbiamo fortemente voluto essere presenti nella definizione delle strategie e perché riteniamo che ciò che abbiamo costruito qui sia utile come modello per il resto d’Italia.
Fra le politiche attive del lavoro, il Veneto sostiene il tirocinio come strumento di orientamento e d’inserimento al lavoro.
Il tirocinio è uno strumento di politica attiva sempre presente e disponibile, che garantisce buoni livelli di ricollocazione. A patto che si tratti di un tirocinio di qualità, con un progetto formativo sottostante solido e qualificante e con regole chiare. Basti pensare che in Veneto 3 tirocinanti su 4 trovano un lavoro entro un anno dalla conclusione del tirocinio. Spesso l’assunzione avviene nella stessa azienda ospitante e questo dimostra come il tirocinio possa rappresentare per molti, giovani e non solo, la porta di ingresso nel mondo del lavoro.
Quali sono le aziende che maggiormente richiedono dei tirocinanti?
Si tratta prevalentemente di aziende di piccole dimensioni, in molti casi individuali, del settore privato e in particolare del terziario: commercio, turismo, servizi alla persona e terziario avanzato. Non mancano però esempi nel metalmeccanico e nei comparti del Made in Italy. Insomma, possiamo dire che il tirocinio è uno strumento diffuso un po’ a tutti i settori e anche questo è un segnale di quanto il sistema produttivo lo consideri utile.
Quali sono le tipologie e le età dei tirocinanti?
Diversamente da quanto si possa pensare, il tirocinio coinvolge persone di tutte le età. La maggior parte sono giovani, per lo più di età compresa tra i 20 e i 24 anni e con un titolo di studio medio-alto, come il diploma o la laurea. Ed è normale che sia così, considerato che la sua funzione principale è quella di rappresentare un’esperienza lavorativa e formativa particolarmente adatta a chi per la prima volta si affaccia al mondo del lavoro. Ma negli ultimi anni, anche a seguito delle nuove normative che abbiamo introdotto nel 2017, allargando la platea dei tirocinanti, si contano sempre più adulti e over 55. In un mercato del lavoro molto dinamico, infatti, riteniamo che l’aggiornamento e la riqualificazione delle proprie competenze rappresentino un fattore determinante per rimanere competitivi e appetibili per le imprese, anche per chi nel mercato del lavoro già c’era e poi ne è rimasto escluso.
In questi giorni s’è acceso il dibattito a livello parlamentare sul “Reddito di Cittadinanza” entrato in vigore nel 2019 che com’era stato impostato doveva dare un sostegno economico integrativo ai redditi familiari di un disoccupato che s’impegnava in un percorso di reinserimento lavorativo.
A distanza di quasi tre anni, qual è la sua valutazione complessiva? Che risultati ha sortito nel Veneto?
Pessimo giudizio, risultati inesistenti. Io credo sia uno sperpero di risorse pubbliche e che certamente sia diseducativo per i giovani. Io, con molta franchezza, lo abolirei.
E.C.