Ricreare nella filiera della lana una parte dedita alla lavorazione di prodotti che possa riportare questo prodotto a essere considerato come una risorsa e non trattato invece come rifiuto speciale: è questo l’obiettivo del progetto di start-up che il Centro Consorzi di Belluno ha avviato e che vede coinvolte 15 donne della provincia accomunate da una passione che vogliono trasformare in attività d’impresa. Se ne è parlato oggi alla Arredamont Arena con Antonella Tormen, responsabile del progetto, che ne ha tratteggiato gli elementi qualificanti, e con Michele Talo, direttore del Centro Consorzi, Serena Turrin, docente dell’Istituto Della Lucia di Feltre, con Paolo Casagrande, socio della cooperativa Fardjma, impegnata nell’allevamento di Pecore Alpagote, e infine con una delle partecipanti al progetto, Valentina Gregato.
In provincia di Belluno già da qualche tempo gruppi di allevatori lungimiranti si sono impegnati a salvaguardare la biodiversità del territorio anche in termini di conservazione e/o recupero delle razze ovine autoctone. In Alpago esiste la splendida realtà della Fardjma a tutela e valorizzazione della razza Pecora dell’Alpago (Alpagota) e a Lamon, si stanno organizzando in associazione pure gli allevatori della razza Pecora di Lamon che si avvalgono delle competenze professionali dell’Istituto Agrario Della Lucia di Feltre e di Veneto Agricoltura.
Antonella Tormen ha spiegato che l’idea del progetto è quella di supportare un gruppo di donne della provincia nell’acquisizione di competenze legate alla lavorazione artigianale della lana (telaio, feltro, filo continuo) affinché siano in grado di realizzare oggetti in grado di “parlare” con consapevolezza e stile, accompagnandole poi nella creazione di una vera e propria attività economica sia pure di nicchia. L’utilizzo di lane autoctone potrà rappresentare non solo un supporto per i produttori, ma anche un’azione di recupero di una risorsa tradizionale, la riscoperta di antichi saperi e un sostegno alla nascita di microeconomie all’interno dei contesti rurali.
Le lane tipiche, storicizzate, vanno a collocarsi in una fetta oggi non esistente di mercato sostenibile, ma ancora di più possono rivelarsi un elemento nuovo nell’ambito delle “contaminazioni” che da più parti designers ed artigiani hanno auspicato come possibile fattore di sviluppo delle lavorazioni artigianali tradizionali, potendo aprire il campo a nuove frontiere commerciali e nuovi ambiti produttivi.